
Chissà perché, quando i conflitti sono lontani da casa nostra, pensiamo che in nessun caso ci possano riguardare. Eppure, non è sempre così. Oggi voglio raccontarvi la storia di Padre Paolo Dall’Oglio, il sacerdote italiano che amava la Siria.
Una storia toccante, che mette in luce la sua sensibilità e la memoria corta dei governi italiani.
Perché questa storia, ormai, come tutto ciò che riguarda la Siria, sembra essere caduta nell’oblio.
Chi è Padre Paolo Dall’Oglio
Quando scoppiarono le prime rivolte popolari nel 2011, Padre Paolo Dall’Oglio si trovava in Siria già da tantissimo tempo.
Infatti, a partire dagli anni ’80, aveva fondato una comunità monastica, la comunità Mar Musa, nella quale si prodigava a promuovere il dialogo tra l’Islam e il Cristianesimo.
Il Ruolo di Paolo Dall’Oglio nella Rivoluzione Siriana
Il dialogo interreligioso era il punto fermo della sua vita. Un dialogo che Padre Paolo tentò di rafforzare dai primissimi anni del 2000, quando in Occidente, a seguito degli attentati alle Twin Towers, si è risvegliato un forte senso anti-islamco, volto non a isolare i terroristi, ma che purtroppo colpiva -e continua a colpire in modo più o meno indiscriminato- tutti coloro che professano la religione islamica.
Vivendo in Siria da tempo, Padre Paolo conosceva bene la società siriana e le ragioni dei movimenti di protesta, così tentò di agire proponendo una risoluzione pacifica. Risoluzione che, secondo lui, doveva necessariamente passare per la democrazia, ovvero libere elezioni con il consenso della maggioranza di tutte le parti sociali coinvolte.
Il regime ovviamente non gradì il suo intervento, che considerava come un’ingerenza alla politica interna, così, il 12 Giugno 2012, fu attuato il decreto di Bashar Al-Assad che prevedeva l’espulsione di Padre Paolo Dall’Oglio dalla Siria.
A partire da questo momento, la situazione diventa confusa e non ci sono fonti certe circa i suoi spostamenti.
Il rapimento e le ultime notizie
Quello che sappiamo è che nel 2013 rientra in Siria, probabilmente dal confine al Nord del Paese controllato dalle forze ribelli, all’epoca profondamente spaccate al loro interno e divise tra il Free Syrian Army, il Movimento di Liberazione di Al Nusra e il Daesh, da noi meglio conosciuto come Isis.
Diverse fonti raccontano che Paolo Dall’Oglio in questo periodo è in prima linea per aiutare i civili. Il 29 Luglio 2013 si perdono le sue tracce, come se la terra lo avesse inghiottito.
Benché ci sia la certezza del suo rapimento da parte delle forze estremiste, nessuno, ancora oggi, conosce la sua sorte.
Secondo il sito arabo Zamal Al-Wasl, con una nota diffusa il 12 Agosto 2013, Padre Paolo Dall’Oglio sarebbe stato ucciso, ma la Farnesina non ha mai dato conferme.
A rilanciare la notizia che sarebbe ancora vivo è il Times, il 7 Febbraio 2019. Secondo questa fonte, Paolo Dall’Oglio sarebbe stato ceduto alle forze arabe da alcuni membri dell’Isis che, messi alle strette dagli attacchi guidati dagli Stati Uniti, tentavano di lasciare il Paese. Anche in questo caso, però, nessuno ha mai confermato o smentito la notizia.
La testimonianza dalla Siria
A questo proposito è molto interessante un’intervista di Riccardo Cristiano, pubblicata su Avvenire.it il 28 Luglio 2021, dal titolo “Quell’ultima notte con Padre Paolo Dall’Oglio nella cella del Daesh a Raqqa”.
Quello che segue è il racconto del giornalista.
Lui mi ha detto che posso fare il suo nome, ma preferisco citare solo le sue iniziali: A.K. Quel che conta è il racconto di questo rifugiato siriano, musulmano osservante, fuggito nel 2015 da Raqqa. Dopo un bombardamento si è messo in marcia verso la rotta balcanica. Il viaggio che lo ha portato in Europa è durato quasi due mesi: arrivato in Germania ha fatto la sua scelta di ricollocamento. […] Questo mi ha interessato […] ma i miei dubbi non li nascondo. Tanti si presentano dicendo di sapere di Paolo […] ma lui ha subito messo in chiaro di non sapere il cognome […]
Quelli che seguono sono gli stralci del racconto di A.K., il rifugiato siriano che avrebbe diviso la cella con Padre Paolo Dall’Oglio.
Ero infermiere a Raqqa, e così conobbi i combattenti di tutti i gruppi siriani. […] Erano tutti dei nostri […] impegnati nella lotta contro il regime. ll Daesh no. Quando […] ci ha chiesto di giurargli fedeltà, […] ci siamo rifiutati. […] Mi hanno portato in prigione, nel quartier generale […] Era Paolo. […] Era il 2013, durante il Ramadan […] La mattina seguente, il capo della Sicurezza del Daesh, […] ha prelevato Padre Paolo dicendo […] che voleva fargli capire cosa fosse la libertà di cui gli occidentali tanto parlano. […] Non so cosa sia successo dopo, ma ho sentito che lo avrebbero condannato perché lavorava nell’informazione. […]
Intanto, gli anni passano. La sua storia, come tante, è ormai lontana dalle cronache e dai salotti televisivi. Perché la Siria e le sue storie, sembrano essere dimenticate.
Eppure, Paolo continua a vivere nella memoria della sua famiglia.
Per conoscere e approfondire il pensiero di Padre Paolo sul dialogo interreligioso, vi consiglio la lettura del suo libro “Innamorato dell’Islam, credente in Cristo”.
Questa, invece, è la toccante testimonianza di sua sorella, che spera un giorno di poterlo riabbracciare.