
Lavorare come travel blogger?
Ho pensato a lungo se scrivere o meno questo articolo, perché in rete se ne è già parlato tantissimo.
Leggendo questi articoli, però, molti dei quali davvero ben scritti, mi sono accorta che tutti si concentrano sul lato tecnico della questione, pochi sul fattore umano.
Per questo ho deciso di raccontare il mio percorso di come io sono diventata travel blogger, quando i dubbi superavano di gran lunga le certezze.
Aprire un blog di viaggi
Aprire un blog di viaggi, di per sé, non è difficile e non parlerò di questo, perché c’è già chi ha sviscerato l’argomento in modo eccellente -trovate questi contenuti digitando su Google la prima parte del titolo di questo post-.
Lavorare come travel blogger
Io voglio parlare dell’altra faccia della medaglia, perché non c’è solo il fatto di scrivere e farsi conoscere.
Prima di aprire il mio blog, e subito dopo gli inizi, divoravo ogni risorsa disponibile in rete per essere il più preparata possibile.
Perché, nel mio caso, il blog è nato per gioco, però ammetto che accarezzavo segretamente il sogno di farne un lavoro.
Ma c’ erano tante cose che non tornavano, forse perché nessuna teoria può sostituire lo sporcarsi le mani facendo pratica, che, soprattutto in questo mondo, si concretizza solo provando e riprovando. Macchiandosi le dita di inchiostro, fino ad avere le mani indolenzite dal troppo scrivere sulla tastiera.
Ecco perché per rendere questo articolo il più completo e sincero possibile, voglio partire dai miei errori, che hanno reso il mio primo anno di blogging praticamente inutile e che ho sintetizzato così:
- stile di scrittura ingessato;
- paura di non piacere a tutti;
- scrittura per i motori di ricerca;
- perdita di entusiasmo.
Adesso ve li spiego meglio.
Stile di scrittura poco fluido
Premetto che io ho sempre amato la scrittura, dunque quando ho dato vita al mio blog, ero abituata da anni a scrivere per me.
Solo che on-line le cose non funzionavano.
Avevo in testa tutto quello che volevo scrivere, ma poi le parole erano fredde e prive di emozione.
I miei primi articoli non avevano un minimo di appeal.
Paura di non piacere
Avete presente il politically correct? Beh, questo è stato un altro grosso errore, perché non si può piacere a tutti.
A questo proposito voglio citare una frase che ho letto da qualche parte, non conosco l’autore, ma esprime esattamente il messaggio che vorrei dare:
se sei per tutti, non sei per nessuno
In altre parole, è impossibile piacere a tutti, ci sarà sempre qualcuno scontento delle nostre parole, o, semplicemente, poco interessato.
Questa paura però mi frenava tantissimo, non riuscivo a espormi, finendo per non comunicare nulla.
Scrittura per i motori di ricerca
Questo è stato l’errore più grande.
Lo avevo letto tante volte: si scrive per gli utenti, ma il risultato era l’opposto di quanto speravo di ottenere.
Presa dalla voglia di posizionarmi in prima pagina, i miei articoli erano un concentrato di keywords, pure quando non sarebbe stato necessario.
In questo modo non facevo altro che darmi la zappa sui piedi, infatti non arrivavo mai da nessuna parte.
Perdita di entusiasmo
Il lavoro era diventato automatico, scrivevo quasi per dovere.
Gli articoli si erano trasformati in un appuntamento poco piacevole che mi riempivano le giornate.
Io che avevo sempre amato scrivere, non ero più capace di farlo.
Era chiaro che, se avessi continuato così, presto avrei chiuso i battenti del mio blog senza nemmeno aver provato davvero a riuscire. E tanti saluti al sogno di un lavoro indipendente.
Come sono cambiate le cose
Un giorno, leggendo l’ennesimo pessimo articolo che avevo appena scritto, ho capito che dovevo cambiare e ripartire da zero per ottenere un minimo di risultati.
Certo non era facile perché avevo un altro lavoro e portavo avanti una gravidanza che definire complicata sarebbe stato un eufemismo, in più il Covid aveva affossato totalmente il settore dei viaggi e il turismo in generale.
Ma tutto è partito proprio da qui.
Chiusa in casa, ho iniziato a passare più tempo sui social e a studiare i contenuti di altri blogger.
Molti non facevano altro che fare dirette, raccontando ogni dettaglio della giornata. Uno, di travel blogger, sponsorizzò persino una sottomarca dell’Amuchina con un post a pagamento, questo in un blog che parlava di viaggi avventura, dunque totalmente fuori tema.
Ho contato davvero sulle dita di una mano i contenuti utili in base al momento. Tra questi, una classifica umoristica dei migliori libri da leggere per pensare positivamente e un report completo sulle restrizioni in fatto di viaggi nei Paesi europei.
Tutto questo mi ha portata a capire che, se non avevo nulla da raccontare, era meglio stare in silenzio. Mi sono concentrata a testa bassa sul blog e ho rimesso le mani ai vecchi articoli, migliorandone uno al giorno.
Articoli che, mi resi conto, non funzionavano perché non mi rappresentavano. In altre parole, non avevano un minimo di personalizzazione.
Da quel momento, un po’ per volta, le cose sono decisamente migliorate e poco dopo ho iniziato a ricevere le prime richieste di collaborazione.
Lavorare come travel blogger: quello che nessuno dice

Perché la verità è questa. Diventare blogger di vaggi e farne un lavoro è difficile, ma questo è risaputo. Le cose che io avrei voluto sapere all’inizio sono altre.
Scegliere un pubblico è fondamentale, ma cambiare è possibile
Come dicevo prima, bisogna scegliere un argomento di cui parlare, perché, va bene, il tema centrale di un travel blog sono i viaggi.
Ma di che tipo?
Io sapevo dall’inizio di fare viaggi low-cost, ma non sono stata brava a propormi in questo senso.
In altre parole, avevo una nicchia di riferimento, ma non sapevo come raggiungerla.
Quando ho capito come fare, ho dovuto comunque aggiustare il tiro, perché al momento non ho la possibilità di viaggiare come e quanto vorrei e va bene così, mia figlia, che è ancora piccola, ha la priorità su tutto.
Così è nato il progetto di orientarmi molto di più sul mondo della gestione alberghiera, lasciando i viaggi in secondo piano almeno finché la mia cucciola non crescerà un po’.
Non è la fine del mondo.
Magari perderò qualche lettore, ma potrò farmi conoscere da altri e il tempo trascorso non è affatto andato perso, perché mi ha dato l’occasione di farmi le ossa nel campo della scrittura on-line.
Tutto può cambiare e nulla è definitivo.
Ci sarà chi non capirà
Questa è un’altra cosa contro cui ho sbattuto duramente la faccia.
Quando ho lanciato il blog ero super entusiasta e mi aspettavo, da parte di amici e conoscenti, non dico lo stesso entusiasmo, ma almeno un minimo di interesse.
Voglio dire, sarebbe come declinare l’invito all’inaugurazione della nuova attività di un amico, no?
Bene, la dura verità è questa. Mettete in conto che all’inizio quasi nessuno capirà cosa volete realizzare e difficilmente troverete qualcuno disposto a supportarvi.
Almeno nel mio caso è stato così, tanti scettici storcevano la bocca, altri ridacchiavano commenti tipo:” Hei, vuoi diventare Chiara Ferragni?”.
Non nascondo di esserci rimasta malissimo. Poi, però, una volta incassata la delusione, sono andata avanti per la mia strada e ho iniziato a parlare con i veri esperti del settore. Prima per capire cosa ne pensassero del mio progetto -che era ancora in erba ma una bozza esisteva- poi per migliorare quando non sapevo più che strada prendere.
Credetemi, è stata la svolta, inizialmente perché ho trovato qualcuno che mi capiva davvero, poi perché con molti di loro è nata una vera e propria amicizia.
La visibilità tenta
E può dare alla testa.
Quando si iniziano a ricevere richieste da parte dei lettori, significa che iniziano a fidarsi e si è imboccata la strada giusta.
Il pericolo di perdersi però è dietro l’angolo, quando si inizia a ragionare in termini di followers e di soldi.
Aziende che studiano ad hoc i profili dei neofiti e mandano messaggi a pioggia, spacciando come grandioso o eccezionale il vostro lavoro e proponendo, di solito in questo ordine, acquisto di followers o scambio di gagets in cambio di pubblicità.
Aziende che offrono 20,00 euro per un link o un articolo sponsorizzato che nulla a che vedere con il tema del blog – a me è capitato di rifiutare proposte per promuovere: cerotti, tappeti orientali, extensions per capelli, mangime per animali e siti per scommesse on-line-.
Ecco, snaturare il blog e svendersi non ha proprio senso, questo forse è l’unico punto a cui difficilmente si rimedia.
C’è un tempo per viaggiare e uno per scrivere
Il travel blogger di qualche anno fa- il modello a cui mi ispiro, per intenderci- prima viaggiava, e solo dopo essere tornato a casa raccontava tutto sul blog.
Oggi, invece, ogni esperienza sembra passare per le dirette e le storie nei vari social network, tanto che il rischio è non avere poi nulla da dire.
Creare contenuti ad hoc per i social va benissimo, ma evitando di esagerare. Davvero vi serve dire quante volte avete cambiato il costume e mostrare il modello che indossate?
Ma esiste un altro rischio, secondo me ancora peggiore.
La frenesia di far vedere tutto in diretta, comporta viaggiare senza entrare davvero in contatto con la realtà dei luoghi.
A furia di postare storie, si perdono i dettagli più belli e il risultato saranno articoli piatti, che difficilmente catturano l’attenzione dei lettori.
Come muovere i primi passi nel mondo del travel blogging
Rendere il blog di viaggi un vero e proprio lavoro, richiede un piano da studiare nei minimi dettagli, da aggiustare nel corso del tempo in base, soprattutto, alla vostra evoluzione personale.
Partite da qui:
- chiedetevi cosa volete ottenere;
- definite come fare dividendo tutto in piccoli passi;
- scegliete dei risultati misurabili;
- soprattutto, partite!
Vorrei aggiungere solo qualche parola sull’ultimo punto.
Cosa studiare per diventare travel blogger?
Assodato che abbiate una reale passione per i viaggi e buone capacità di scrittura, concentratevi su:
- tecniche SEO
- formattazione degli articoli
- comunicazione on-line
Nel frattempo, come dicevo, aprite il blog. Non ha senso aspettare che tutto sia perfetto, perché probabilmente non lo sarà mai. Ci sarà sempre qualcosa da migliorare, dal template alla presentazione, fino alle fotografie.
Esserci è meglio che rimandare a tempo indefinito, rischiate di rimanere bloccati per mesi- se non anni- alla ricerca di una perfezione che all’inizio è difficile da raggiungere.
Perché si vuole tutto e subito o perché, come me, si è talmente presi dalla voglia di riuscire che si guardano le pagliuzze del proprio progetto senza notare le travi. Ve lo dice una che all’inizio si preoccupava di scrivere almeno un articolo a settimana senza chiedersi se davvero fosse utile a qualcuno.
Scrivo tutto questo perché raccontare di avercela fatta è molto più comodo che ammettere i propri fallimenti, sembra quasi che gli altri non sbaglino mai.
Se prendete coscienza di questo e, nonostante tutto, sognate ancora di lavorare come blogger professionisti, allora avrete buone possibilità di riuscirci.
Se volete approfondire l’argomento, vi invito a dare un’occhiata al mio post dove vi parlo dei contenuti del mio saggio pubblicato con la casa editrice Luoghi Interiori. Al suo interno, troverete tantissimi spunti utili per rendere un lavoro la vostra passione, inclusi lo studio delle strategie social adottate dai principali travel blogger italiani e casi studio che vanno a sviscerare il lavoro di 3 famosissimi travel writer. Miti e leggende sul Travel Blogging: chi è e come lavora un blogger di viaggi
Se invece avete voglia di costruire un percorso su misura, interamente basato sulle vostre esigenze, vi invito a scrivermi senza impegno per una chiacchierata conoscitiva. Qui, intanto, potete farvi un’idea più precisa di chi sono e come lavoro: Diventare Travel Blogger professionista
Vi aspetto,
Michela