
In questo articolo parliamo delle difficoltà di diventare travel blogger.
Come sempre, non ho la pretesa di avere risposte esaustive per tutti, anzi, a dire la verità spesso non ho affatto risposte. Però amo confrontarmi sui temi che mi stanno a cuore e penso che inquadrare un problema sia il primo passo per muoversi con un certo criterio e migliorarsi.
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Perché è difficile diventare travel blogger?
Come domanda, potrebbe sembrare un tantino strana.
In teoria, per diventare travel blogger, basta aprire un blog e iniziare a scrivere di viaggi. Certo, ma questo vale per gli amatoriali, perché la situazione si complica non poco per chiunque abbia ambizioni professionali.
Per non annoiarvi troppo con le statistiche, vi riporto solo un numero che però fa riflettere sulla portata del fenomeno del blogging.
Secondo popumag.it, si contano qualcosa come 440 milioni di blog lanciati in rete relativi al 2017, e non oso immaginare l’ impennata degli ultimi 4 anni.
In questo numero da capogiro, il settore dei viaggi sembra suscitare un’attrazione enorme.
Lo vediamo anche in Italia, dove il mondo del blogging, nonostante qualcosa si stia muovendo, resta sempre un passo indietro rispetto, ad esempio, alle realtà americane.
Ogni giorno è un fiorire di travel blogger o aspiranti tali, con il rischio concreto di assistere a una saturazione del comparto viaggi.
Il risultato è una concorrenza fortissima, con difficoltà sempre maggiori a emergere.
Per comprendere appieno questa tendenza, e quindi arginare le difficoltà, dobbiamo analizzare almeno 3 punti.
Omologazione dei contenuti
Fino a qualche anno fa, a parte pochi intraprendenti, nessuno immaginava il ruolo che il web avrebbe rivestito nel mondo del lavoro. Anzi, almeno da noi, pochi sapevano davvero cosa fosse un blog, figurarsi immaginare di farne un lavoro.
Nel giro di qualche anno le cose sono molto cambiate. Oggi tutti vogliono avere un blog e tanti, tantissimi, vogliono fare i blogger di viaggi.
Il risultato? La creazione di milioni di contenuti, con una qualità, però, che definire discutibile sarebbe un eufemismo.
Quante volte leggiamo articoli fotocopia, piatti, senza neppure un minimo di personalizzazione?
Troppe, direi.
A me sembra che il mondo dei viaggi sia ormai ridotto alle “5 cose da vedere a Madrid” e ai “5 posti dove mangiare a Londra”.
Possibile che davvero non ci sia altro da raccontare? Animo ragazzi, torniamo a pensare con la nostra testa e diamo spazio alla fantasia, mi sembra il minimo per qualcuno che scrive per mestiere.
Anche perché non prendiamoci in giro, su. Credo che abbiamo tutti una vaga idea del numero di contenuti presenti sul web. Cosa ci fa pensare che un articolo scritto con parole chiave tanto generiche ci permetta di posizionarci bene sui motori di ricerca?
Cosa più importante, e qui il posizionamento c’entra poco, personalmente mi sembra che i lettori stiano diventando sempre più esigenti -e meno male aggiungerei!-. Questo significa ricerche mirate verso contenuti alternativi, approfonditi e, soprattutto, di reale utilità. Tradotto, vuol dire che – forse- non serve un altro articolo generico su Parigi. Però sarebbe interessante -o potrebbe esserlo- un itinerario che so, sullo shopping economico nella capitale francese.
Gavetta, t’amo e t’odio!
Farsi conoscere su un nuovo mercato richiede tempo e tutta una serie di strategie. Brillare in un settore ormai saturo richiede coraggio – chi aprirebbe l’ennesima attività uguale alle altre nello stesso quartiere?- e significa moltiplicare per mille tempo e tenacia.
Applicare tutto questo al mondo del travel blogging significa costruire mattoncino dopo mattoncino la propria identità on line. E non c’è un’impastatrice per farlo, dovrete – dobbiamo- fare tutto a mano. Anzi, prima di montare i mattoncini bisogna realizzarli e magari andare pure a cercare il materiale, estraendolo dalle cave. Chiedo scusa ai lettori che magari si intendono di edilizia, la mia conoscenza sull’argomento è pari allo zero, quindi non so se ho appena scritto qualche strafalcione – esiste l’impastatrice per i mattoni?- ma il paragone rende bene l’idea.
Ma cosa significa, poi, costruire l’identità on line?
Eliminiamo i giri di parole e smettiamo di indorare la pillola, facendo passare tutto come una piacevole avventura. O meglio, lo è per chi nel frattempo non ha null’altro da fare, ma per le persone con una vita normale è una fatica bestia.
Significa scrivere per la propria nicchia, scrivere gratis per anni, regalando tempo, risorse e conoscenze.
Nella speranza di essere notati, mentre continua il giro di boa tra il lavoro ufficiale, la casa, i figli, il cane da portare fuori, la spesa da fare, le bollette da pagare, le uscite sociali per non diventare eremiti moderni e…
” Porca miseria, ho bruciato la cena del pupo!
Pazienza, mangerà una pizza di quelle che ho ordinato… cavoli, ho dimenticato di ordinare la cena mentre scrivevo l’articolo da pubblicare domani!
Ma perché il telefono continua a squillare a quest’ora di sera e…ragazzi basta, silenzio, devo concentrarmi, smettetela di uccidervi a vicenda!
Guardate un film in tv…ah già, non funziona, avrei dovuto chiamare il tecnico per farla riparare. So che è tardi, ma se provo a chiamare adesso faccio ancora in tempo. “
Insomma, capito, no?
Morale: se alla base di tutto non c’è una vera passione, prima o poi la volontà va a farsi friggere e tanti saluti al diventare un travel blogger professionista.
Svalutazione del travel blogger
Un blogger non è come un’automobile, che perde valore con il tempo, questo no. Ma diventare travel blogger oggi è difficile anche perché pochi capiscono ancora questo lavoro, ecco perché parlo di svalutazione.
Pensiamo alle aziende che non hanno ancora ben chiaro cosa possono fare i blogger. Quante sono? Io ne conosco tante. D’altro canto, quelle più aperte alle novità, giustamente se incontrano un travel blogger di fiducia se lo tengono stretto, quindi per i nuovi diventa quasi impossibile ottenere qualche opportunità. Un fenomeno che, tra l’altro, contribuisce alla percezione comune di un lavoro patinato, dove girano compensi da mille e una notte.
Chi si muove all’interno del settore sa perfettamente la verità, ma proviamo a essere sinceri.
La colpa di tanti pregiudizi è anche di alcuni travel blogger e del modo in cui si pongono, soprattutto sui social. A proposito, qui trovate le mie riflessioni al riguardo: Il blog e i social network: l’importanza di esserci (e non)
In particolare, Instagram sembra essere la fiera della visibilità. Chi si trova dall’altra parte dello schermo si immagina gente che sta in vacanza tutto l’anno, pagata a peso d’oro per qualche foto in spiaggia.
Questa percezione distorta è come un circolo vizioso, perché molte imprese, già spesso titubanti, scappano dai blogger a gambe levate.
D’altro canto, la visibilità incontrollata continua a generare schiere di ragazzini poco più che adolescenti che, lungi dal conoscere il funzionamento di un blog, vogliono diventare influencer. Confondendo, tra l’altro, il blogger con chi sponsorizza prodotti su Instagram, che magari fa bene altre centomila cose ma la sua unica esperienza di scrittura è la lista della spesa – e un blog senza scrittura non è un blog, quindi almeno una certa predisposizione alla scrittura è il minimo per diventare blogger-.
Di tutto questo e molto altro ne parlo nel mio saggio pubblicato con la casa editrice Luoghi Interiori. Se volete saperne di più, date un’occhiata qui: Miti e leggende sul Travel Blogging: chi è e come lavora un blogger di viaggi
Esiste una soluzione?
Certe volte mi sembra di essere in un binario morto perché ci stiamo abituando alla mediocrità.
Come se dovessimo per forza omologarci gli uni agli altri, in un continuo scopiazzare di idee e contenuti, pronti a svenderci per dieci euro.
Secondo me ci vuole coerenza.
Io che nella vita ho un alimentari di famiglia dove i prodotti di punta sono gli affettati, posso sponsorizzare sul blog un post sui prodotti vegani?
Io che sto costruendo la mia carriera nel campo della scrittura, posso mai permettermi di copiare una fonte senza citarne l’autore, bruciando la mia credibilità? Dove sta l’etica in tutto questo?
Poi, però, la sera mi guardo allo specchio e vedo la fatica di uno studio serio e costante. Leggo i miei blog preferiti. Ricordo che conosco professionisti del settore realmente disposti a insegnare.
E allora mi dico che non tutto è marcio, non tutto è pura visibilità e che una soluzione esiste.
Occorre lavorare sodo, producendo contenuti di qualità che permettano di differenziarsi dagli altri, ponendosi sempre con l’umiltà di imparare e migliorarsi.
Un processo lungo che non promette alcuna garanzia, ma che, sicuramente, getta le basi per una carriera costruita sulle competenze, non certo sull’effimera visibilità.
Se siete interessati a un percorso serio e duraturo per costruire il vostro nome nel mondo del travel blogging e iniziare a monetizzare la vostra passione per renderla un lavoro, vi invito a dare un’occhiata alla mia pagina Diventare Travel Blogger professionista, dove troverete tutti i modi in cui possiamo collaborare.
Scrivetemi pure per una chiacchierata senza impegno e studieremo insieme un percorso su misura cucito sulle vostre esigenze e aspettative.